Le abilità di Ghigo
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Le sfide affrontate
Biografia di Ghigo
Se avete voglia di leggere la nostra storia, allora fermatevi solo un attimo e rubate solo qualche minuto alla vostra giornata, per ascoltare il mio racconto sul modo in cui, io ed il mio amico Ghigo, ci siamo incontrati. Leggendolo potrete capire come il nostro correre insieme, sia per noi due naturale e comprenderete come questa attività ci abbia permesso di diventare amici inseparabili. Probabilmente posso essere uno dei pochi che può affermare con certezza: “Io ed il mio cane, abbiamo sempre corso insieme … praticamente lo facciamo sin dal primo momento in cui ci siamo incontrati!”.
Era il 22 giugno dell’anno scorso ed io, di buon mattino, avevo deciso di fare una corsetta in giro per la campagne della mia zona. Volevo fare un bellissimo giro di circa 13 km, che io chiamo del fontanile perché a poco più di metà del tragitto, c’è un bel fontanile con tanta acqua fresca.
Avevo da poco iniziato la mia corsa quando incrocio 4 ciclisti che pedalavano nella direzione opposta alla mia. Al loro fianco un bellissimo cane da caccia li scorta felice.
Ho pensato che il cane fosse di uno di loro e senza dare troppa importanza alla cosa ho proseguito per la mia strada.
Percorro poco più 500 metri da quell’incontro quando sento dietro di me, il rumore di alcuni passi accompagnati da un respiro ansimante. Mi giro per vedere chi o cosa fosse e vedo dietro di me, quel bel cagnolone incontrato poco prima. Dato che dei ciclisti non vi era traccia, ho subito capito che quel cane non era di nessuno di loro e che probabilmente, stava seguendo loro proprio come ora stava facendo con me, insomma si era unito al loro gruppo ma poi aveva deciso di venire con me.
Per farla breve, quel bel cane roscio incomincia a corrermi vicino anticipandomi a volte, seguendomi per qualche tratto ed aspettandomi quando necessario. Non so come spiegarlo ma sin da quei primi momenti si è creato un certo feeling tra noi ed io da subito ho iniziato a chiamarlo Ghigo. Non so da dove mi sia uscito, so solo che è venuto così, un po’ come se me lo avesse suggerito lui.
Ovviamente anche se ho continuato a correre, ho leggermente modificando i miei piani per venire incontro alle esigenze del mio nuovo compagno peloso.
Mentre mi corre a fianco mi accorgo che portava intorno al collo una specie di collare. Era qualcosa di molto simile alla “fettuccia” che si usa per tirar su le tapparelle. Guardando meglio mi accorgo che quel “collare” non aveva un gancio che lo teneva chiuso, era semplicemente cucito con del filo!?!?!.
Dopo qualche piccola e breve sosta all’ombra, arriviamo in prossimità del fontanile ed a differenza del solito, mi fermo più del dovuto perché penso che il roscio pelosone debba avere qualche minuto per riposarsi. Lui si sdraia al fresco all’ombra di una pianta di fico dalla chioma grande e folta, ed io mi siedo a qualche metro da lui. Visto che sino a quel momento non ci eravamo ancora toccati, faccio un tentativo e provo a chiamarlo per vedere cosa accade. Lui, piano piano, si avvicina e mi permette di passare la mia mano sulla sua testa. Lo accarezzo. Lui, fidandosi, si lascia toccare.
Bene; fantastico; Adesso siamo veramente amici.
Ok, si riparte. Muovo qualche passo, mi giro per guardarlo, lui risponde al mio sguardo, si alza e via, di nuovo al mio fianco verso la strada del ritorno.
Ah, scusate; dimenticavo di dirvi che durante tutto il tragitto, ogni volta che incrociavo qualche altro podista, gli chiedevo se per caso avesse già incontrato quel cane da caccia e, come potete ben immaginare, la risposta che ho sempre ricevuto è stata: “No, mai visto sino ad ora”.
Ormai è quasi un’ora che corriamo insieme quando mi dico: “Niente, deciso! Vieni a casa come me e poi domani vediamo”. Così è stato e come se già sapesse quello che stava accadendo, mi segue sino a casa, entra nel mio giardino, si sdraia sotto il porticato e si gode il meritato riposo.
Il giorno successivo chiamo la ASL e parlo con un signore che mi da solo poche informazioni. L’unica cosa che mi dice di fare è quella di portare Ghigo da un veterinario vicino casa, in modo da verificare la presenza del microchip che come immaginavo e forse anche speravo, non era presente. Il passo successivo al controllo del microchip è stato girare per tutti i dog-park della mia zona, chiedendo notizie e lasciando volantini del ritrovamento.
Fino a questo momento tutto sommato la storia è andata bene; un umano fortunato che ha il privilegio di incontrare un bellissimo cane che senza alcuna costrizione, rinuncia ad un pezzo della sua libertà e decide spontaneamente di essere amico di quel bipede incontrato per caso. Tutte le belle storie che si rispettino però, hanno sempre un momento in cui qualcosa, improvvisamente ed inesorabilmente si complica.
Due giorni dopo il nostro incontro, il mio amico breton incomincia a comportarsi in modo strano. È mogio mogio e con lo sguardo un po’ malinconico. Quell’atteggiamento però io pensavo fosse dovuto alla sua sensazione di abbandono. Insomma trovarsi lontano dal proprio padrone ed in una casa nuova, non doveva essere una condizione così allegra per lui. Altro fattore che ha un po’ ingannato la mia percezione della situazione che si stava verificando, è che conoscendolo solo da pochi giorni, non avevo alcun termine di paragone. Per capire e notare un comportamento strano, bisogna prima conoscere quali sono le condizioni normali e per fare ciò è necessario frequentarsi da un po’ di tempo.
Insomma, io il suo comportamento normale non sapevo quale fosse! In quei primi giorni mangiava anche poco, ma anche qui io davo la colpa al caldo ed alle “nuove” crocchette che gli proponevo. Mi dicevo: “Magari sino a ieri ha mangiato pasta alla amatriciana ed involtini … come possono mai piacergli queste crocchette!?!?”. C’era qualcosa che non mi tornava ma davo la colpa al suo sentirsi smarrito ed alle nuove pietanze non troppo succulente. A quel punto decido di provare con qualcos’altro; apro il frigo per vedere cosa posso “rimediare” e noto che ci sono dei wurstel di pollo. Ne prendo uno e glielo do … lui felice se lo mangia.
“Tutto bene” mi dico e mi tranquillizzo un po’.
La mattina dopo appena sveglio, scendo e mi accorgo che c’era del vomito sul pavimento. Anche se questo mi preoccupa, penso che la colpa sia del wurstel del giorno prima. Ok, andiamo dal veterinario. Sveglio i miei bambini, era sabato mattina e la scuola non c’era, e gli dico che dobbiamo andare dal dottore del cagnolone perché dobbiamo curare il suo male al pancino. Mai avrei immaginato quello che stava per accadere.
Ghigo è sempre più stanco e svogliato. Respira non troppo bene e non ha forze. Altri sintomi strani non ci sono e l’unica cosa anomala è stato il vomito, che però non si è più ripresentato.
Arriviamo dal veterinario, menomale siamo i primi. Entriamo e da subito la dottoressa mi dice che la situazione non la convince affatto. Metto il cane sul suo tavolo, lei alza il labbro destro di Ghigo … e mi dice: “Ha le gengive bianco perlacee e questo significa che non sono vascolarizzate. Questo cane il sangue in giro non ce l’ha più. Sicuramente ha un’emorragia interna!”.
Il mio di sangue a quel punto si gela, la guardo attonito, lei capisce la mia paura … mi tranquillizza un po’ e mi dice che c’era bisogno di fare subito una trasfusione.
Mi chiede se fosse successo qualcosa di strano ed io le racconto che non posso saperlo perché, quel cane ed io ci eravamo incontrati solo pochi giorni prima. Lei allora mi guarda e mi dice che sicuramente prima che ci incontrassimo, spinto dalla fame, aveva mangiato del veleno per i topi trovato chi sa dove. Il topicida purtroppo ha un effetto anticoagulante e nei cani quest’effetto si può manifestare anche 10 giorni dopo l’ingestione. Le conseguenze sono purtroppo delle emorragie interne che non si manifestano con segni evidenti e che possono essere mortali.
Mi faccio coraggio e cerco di capire bene le sue spiegazioni quando mi dice che per la trasfusione, avevamo pochissimo tempo e se non ci fossimo sbrigati, probabilmente, il cane sarebbe morto.
OH MAMMA MIA! Che faccio?!?! Non dimenticatevi che mentre tutto questo accade, in sala d’attesa ci sono i miei due bambini di 12 e 5 anni che aspettano il loro nuovo cagnolone con il mal di pancia. Ok, stiamo calmi. La dottoressa mette una flebo a Ghigo e mi lascia andare ad accompagnare i ragazzi a casa. Li porto da mia madre alla quale spiego sommariamente la situazione ed incomincio ad andare in giro per tutti i dog-park, iniziando a chiedere aiuto per una trasfusione “canina”. Anche se spiego che è solo una donazione di sangue senza alcuna conseguenza per il donatore, proprio come per le donazioni “umane”, nessuno mi aiuta.
Solo due ragazze romene molto giovani mi dicono di si ma una volta tornati all’ambulatorio veterinario, la dottoressa scarta il cane perché pur essendo della taglia giusta è ancora troppo giovane. Porca miseria ed adesso!?!?!? Il tempo stringe! Ho praticamente perso le speranze quando uscendo fuori dallo studio, vedo una signora che passeggia con il suo bellissimo cagnolone simil-maremmano. Bello e grosso ed anche un po’ sovrappeso. 😉
Mi avvicino, le spiego la situazione e lei molto educatamente e con naturalezza mi dice: “Certo che ti aiuto, tu non faresti lo stesso per me ?!?!?!”.
Rientriamo di corsa nell’ambulatorio … il cagnolone sovrappeso sul tavolo … il suo sangue rosso e pieno di vita inizia a riempire una sacca … adesso tocca al MIO Ghigo che, finalmente, inizia a riavere un po’ di vita nelle sue vene.
Anche se il peggio è passato, la veterinaria mi spiega che avevamo bisogno ancora di parecchi giorni di cure molto importanti. Specialmente i due immediatamente successivi alla trasfusione erano da considerarsi di prognosi riservata e per 48 ore almeno, Ghigo doveva fare una puntura di vitamina K ogni 4 ore.
Quei giorni sono stati duri ma Ghigo è stato forte, anzi molto forte. Un piccolo cane da caccia che ha saputo fidarsi di me e che mi ha dato la possibilità di aiutarlo a diventare il fantastico amico a 4 zampe che adesso anche voi conoscete.
Questa è la nostra storia che con molto piacere ho voluto raccontarvi. Spero che queste mie parole vi abbiano strappato qualche sorriso e sono sicuro che da questo momento in poi, quando mi sentirete dire che Ghigo mi ha trovato, riuscirete ad interpretare molto meglio questa mia strana affermazione… Ciao!
Ora Stefano e Ghigo sono felici e passano la maggior parte del loro tempo libero a fare quello che amano, correre! 🙂 Hanno anche deciso di aprire un gruppo facebook, corri a 6 zampe, per poter condividere con altre coppie a 6 zampe la loro passione!
Se anche tu ami correre con il tuo amico a 4 zampe, passa a fare un saluto: www.facebook.com/groups/863423293746654/
“L’unità di misura delle nostre corse non è né la distanza né il tempo … è la felicità!”